Con Gianfranco Draghi

Gianfranco Draghi in due video di un allievo

L’incendio 1

Archeologo degli stati d’animo

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Al telefono ha una voce intensissima, come solo chi impasta le mani nei sogni. Racconta: “incontravo Fellini, negli anni ’60, negli uffici postali di Roma e Firenze. Mi recavo alle Poste per telefonare. E incontravo Fellini per le scale di casa, io vivevo due gionri a Firenze e tre a Roma, nei pressi di Piazza di Spagna. In vicolo delle Orsoline. C’era lì un convento, che divenne negli anni un bordello. Poi infine una serie di appartamentini. Fellini, mi disse: posso venire da Lei per lavorare sui sogni? Io dissi di sì, e la cosa durò per due anni”. Anche questo poeta, ed aritsta, e alchimista su materie d’inconscio, è un regalo di Priano alla sventata Nerina. Che emozione questi 83 anni, così vivi e brucianti.

Una meditazione in versi

“E gli inverni non vuoi tu ricordare?

Quando tu stavi sola a rimirare

la neve in furia dietro la finestra

quante volte la tua mano hai sognata

che aprisse la gran porta dell’entrata

fuor della quale il vento urla e schiaccia,

e a te  che speri quell’improvvisata

come di colpo il cuore prende a battere,

come la mano è subito gelata,

come lo guardi rigida fissata,

e sul tuo volto nasce poi un sorriso

che vuoi e che non vuoi ch’egli capisca,

e ti venisse storie a raccontare,

accanto al fuoco storie a raccontare,

mentre l’ascolti ti sei addormentata,

e quando ti risvegli l’hai sognato

il bacio sulla fronte che ti ha dato? ”

(Gianfranco Draghi, 1948)

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Dopo la pubblicazione de la Circoncisione delle parole, nel gennaio 2008, con Puntoeacapo, pubblicazione avvenuta grazie alla sensibilità di Mauro Ferrari e di Cristina d’Aglio, e all’insistenza affettuosissima di Gianni Priano, Gianni mi ha anche suggerito di inviare il volume ad alcune persone di particolare sensibilità. Fra queste, Camilla Salvago Raggi, che mi inviò in risposta un biglietto privato che mi è molto caro, e Gianfranco Draghi.

Con Gianfranco Draghi è cominciata da lì una delle più preziose esperienze di ascolto che mi siano accadute. Di Draghi non posso dire la ricchezza intellettuale e di anima, che è raccolta nelle indicazioni date per incontrare il suo lavoro multipiano sul suo sito personale, posso invece testimoniare di una emozione e di una crescita avvenute nell’incontro con quella è una grazia particolare che passa per quelle persone che hanno amato ed amano l’incontro con l’altro, e la mediazione del sogno e del versante poetico del dire.

Questa sua voce accogliente e precisa, questo suo tenere tra le braccia le esperienze senza elusioni, questo suo dire della sua vita, dei suoi figli e delle sue compagne, la delicatezza del racconto del quotidiano che solo passa là dove al quotidiano si dà un valore immenso, sono state per me, in questi tre anni, una scuola di commozione partecipe e maieutica.

Voce forte, strutturata, capace di inanellare la fragilità al convincimento del diritto alla bellezza ed al candore delle cose, voce sensualissima in una età tarda e ricchissima, voce bruciata dal fuoco che ha toccato la sua casa avviando un modo ancora di essere qui ed ora.

Si tratta per me di un incanto, di una destinazione pacificante e solare nel sapermi letta, di una scoperta continua ad ascoltare. E’ generosamente asciutto, Draghi, nei suoi commenti, non indulge mai al compromesso della relazione amicale sul sentire, è un lettore psicanalitico nel senso più profondo, amplifica sia pur definendo i confini. Una ricchezza essere letta da lui, non quantificabile.

Quando mi ha detto di questo dono di lettura, messo lì perché trovassi una forma a questo ascolto mio che ne facesse condivisione fuori, ho pensato che la sua lettura di sé dovesse avere uno spazio tutto suo, che sapesse in un certo senso contenere la specificità della sua scelta e la singolarità del dono, dono che accade nel cerchio di un incontro.

Non sono ancora mai riuscita a raggiungere Fiesole per incontrarlo, e questo molto mi manca. Mi mancano gli occhi che sento essere nelle parole. Intanto però, per voce sola, la condivisione, per desiderio e per autorizzazione, di questo nucleo vitale.

Grazie a Gianfranco Draghi per tutto: per l’accoglienza, la restituzione, il dono, il tempo, l’occasione unica di un incontro preziosissimo. Per la delicatezza di ogni parola privata, per la partecipazione all’arrivo di Cris nella vita mia e di Riccardo, per sopportare i limiti della mia poesia, per la seduzione, per la grazia, per quelle parole su Gesù. Per una biografia personalissima e in un certo senso intoccabile.

 (n.g. luglio 2010)
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Altri inediti

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Pubblico qui, con il consenso di Gianfranco Draghi, una anticipazione dell’intervista in versi che stiamo preparando, che si inserisce in un mio work in progress (Biografie apocrife)  al quale lavoro da tre anni, le cui prime tracce sono pubblicate su scribd.com. Grazie a Gianfranco per la bellezza che già è cosa, qui.

(n.g., 24 ottobre 2011)

Confessioni troppo intime

Se vado a ricercare
un luogo o un modo

non posso che sedermi
al bordo e non del detto

(Nerina Garofalo, biografie apocrife, work in proegress)

Sezione I  – Analisi interminabile

Gianfranco Draghi: Così come è la vita, purtroppo terminabile, terribilmente terminabile, ma interminabile nei suoi accostamenti, nelle sue possibilità, nelle sue variazioni anche improvvise trasformazioni, in improvvise sensazioni di cambiamento, mi sono addentrato nel mondo dei sogni e nel rispetto dei sogni, nel rispetto di quella parte di noi che noi conosciamo solo attraverso le immagini dei sogni, le sensazioni dei sogni, le emozioni dei sogni, le storie dei sogni, e che bisogna pur rispettare, perché, e ripeto qualcosa di ovvio, occupano forse metà del nostro tempo o meno anche, comunque un buon rilievo della nostra esistenza.

Mi ci sono addentrato in questo mondo complesso come se fin da quando ero piccolo avessi cercato sempre e non ci fossero state le realtà concrete, ma piuttosto quello che ci traversava fulmineo la notte. Non posso recuperare un dato preciso, un dato mnemonico assoluto, ma piuttosto un’indicazione che sentivo giusta e libera insieme. Come poi ci si può imbarcare tra quello che ci incendia e che incendia l’altro, o viceversa lo stesso, capovolgendo la situazione, sia che tu sia lì nelle vesti di chi ascolta, nelle vesti di parla, per quanto questo rapporto duale possa spostare l’ago dell’indicazione parola silenzio. Ci sono tanti, probabilmente infiniti fili che si estendono e legano due personaggi, dove affondano le radici? nel nostro passato personale o nel passato della specie? nel nostro corpo o nei ricordi che riguardano altri da noi? Io sono di natura, credo, qualcuno che si affida, che poi può avere dei dubbi, può incastrare delle memorie, ma in genere il mio primo atteggiamento è quello della fiducia. Mi è sempre tanto piaciuto, anche quando ero molto giovane, ascoltare le storie degli altri, le loro emozioni, i loro turbamenti, mi pare anche che non mi dispiacesse raccontare, laddove c’era un ascoltatore, un orecchio che  mi sembrasse benevolo, o almeno attento.  Può darsi che noi siamo rimasti troppo ad un’analisi verbale, infatti ci sono tante terapie corporali utilissime e molti cosiddetti lavori psicologici verbali che si appoggiano però a delle funzioni differenti, più complete. Forse la risposta al primo distico potrebbe essere: inglobare il detto e sentire ai margini del detto anche ciò che è indicibile, lasciare spazio all’indicibile e anche, fin dove possibile, intendere e farsi portare avanti dalla forza simbolica delle immagini, spesso volutamente paradossali, quasi sempre volutamente contraddittorie, che però varcano un ponte che trasformi il non detto in qualcosa di gaudioso, di appetibile o anche nel dolore trasformabile. Forse il meccanismo più profondo, o per meglio dire più completo, è l’unione incomprensibile proprio fra questi due opposti.

La vita sognata degli angeli

Medico dei dervisci
Ospite dei matti

Ma come me lo rendi
Il pane per i denti?

(Nerina Garofalo, biografie apocrife, work in proegress)

Gianfranco Draghi: Sarebbe molto bello, mi domando, se potessimo veramente trovare del pane vero per le nostre esigenze. questo ho anche pensato per tanti anni. Può anche darsi che adesso io mi domando cosa sia il pane vero, anche se in fondo è la concretezza delle realtà che si trasformano che ci piace, è quello che noi cerchiamo, è quello su cui ci muoviamo, è anche quello che anche poi chiamiamo amore, perché l’amore è la continuità del discontinuo, la possibilità di unire tutte le parti, quelle comprensibili con quelle incomprensibili, quelle dolci con quelle amare, pesino portare l acarezza che viene dal senso della nostra finitezza al volto degli amati, a qualcosa di più semplice, di più elementare, la frutta che cogliamo dagli alberi, lo sguardo che vorrebbe dire tutto e non può e talvolta il calore di uno sguardo che va oltre la nostra finitezza, perché la brucia nella ripetizione, nell’indicibile, nell’infinito che colma quel vuoto che può capitare di sentire. Cosa ci trapela o cosa ci fa trapelare, cosa ci suggerisce quello che noi chiamiamo inconscio, possono essere i nostri gesti improvvisi, imprevisti, il pianto che ci sorprende, la mano che ci tocchiamo, appunto il sogno notturno, a nostra insaputa, ci percuote, ci indica, oppure si trasforma e si trasforma anch’esso, tutto questo mi posso domandare e poi insieme quietamente ricadere in quello che forse potremmo chiamare l’indicazione del destino, il passo del nostro cammino? Vorrei tanto saperne di più, ma lo ignoro, come in fondo ignoriamo ogni attimo che viviamo sia in quello che c’è stato, in quello che ci sarà e in quello che c’è, in una girandola che ci attrae e ci spaventa, ma che è come l’amore dei genitori per i figli e dei figli per i genitori, la sequela di un cammino che non abbiamo scelto noi,  ma che ci ammonisce, ci intenerisce, ci è persino dannatamente caro.

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