In margine alla lettura di “Questi anni”, vorrei trascrivere una piccola annotazione su due dei racconti fra i molti e tutti belli che l’Antologia appena pubblicata da Coessenza ospita e presenta (nel secondo caso sabato 23 novembre, a Cosenza, nella sala del Teatro Morelli). I due racconti, a firma rispettivamente di Paride Leporace ed Ernesto Orrico, hanno qualcosa che li rende unici nel contesto della raccolta. Hanno entrambi, oltre a una “lingua salvata”, ed un progetto di “scardinamento” del luogo natale, comune a tutti i racconti, un interno desiderio di fuga nella permanenza, quel punto di ingresso alla poesia che li rende prossimi al poemetto in prosa pur mantenendo la forma tecnica del racconto. Questo accade per una intrinseca apertura dell’esperienza biografica soggettiva a quella adolescenza ed infanzia collettiva che consente di situare nel personaggio qualcosa che, lontanissimi per spazio e tempo come lettori estranei, possiamo dire di aver provato e incontrato. Con all’interno il sentimento di quel qualcosa di sconvolgente (un sentimento inammissibile), che ci si rivela attraversa la narrazione portata dall’altro, dall’autore. Per questo, è in particolare ai due autori e amici (Paride da quegli anni, Ernesto dalla storia recente che quegli anni riecheggia), che voglio davvero fare l’augurio di far crescere libri sugli alberi, perché di questo piccolo incanto che apre abbiamo tutti davvero bisogno.
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