Ho trascorso l’estate, e i primi mesi che approssimavano all’inverno, a osservare e connettere, in una ipotesi di lettura, un centinaio di scatti scelti da Giuseppe Varchetta per una sua narrazione visiva dell’incontro con Parigi dalla fine degli anni 70 ad oggi. Ho avuto il privilegio di poter pensare e rintracciare un filo narrativo  con assoluta libertà, andando a ricercare i significati che ogni singola fotografia proponeva, in termini di apertura di una finestra temporale, e contemporaneamente lavorando a una comprensione della poetica visiva di Varchetta per la capacità che ha la sua opera di mostrare un “posizionamento” possibile del fotografo nel mondo e di chi guarda nel perimetro rivelato dal B/N e catturato nella sua dimensione analogica.

Quello che state per aprire, se aprite ON S’EST RECONNUS, PARIS, e’ un racconto di inverno, un piccolo libro che racconta Parigi da tre prospettive: il fermo immagine che cattura il flaneur, sfinito al solco umido di un decadentismo romantico tardivo di fine novecento e reso incanto dalla fragilità del vuoto scavato dal millennio; lo scatto del fotografo, che nel suo compiersi interroga la realtà sperando in un disvelamento; l’occhio narrante di un’adolescente magrebina, di stanza con la famiglia a Parigi da appena una generazione, a testimoniare di un cambiamento di esistenze e prospettive quando ci si apre, e si sta, al crocevia col nuovo.

E’ inoltre, questo libro, un indiscreto atto d’amore per il cinema di Francois Truffault, prediletto agli autori, che utilizzano alcune citazioni, in particolare dalle  sceneggiatura del film Jules et Jim, per tessere la loro narrazione parigina, lasciandosi guidare e sostenere dalla bellezza di una prossimità come criterio nella loro ricerca, e da una una ipotesi di convivenza nel mondo che sappia dirsi, a un tempo, disperante e innamorata.  Perché si sa che, a Parigi, sembrano esistere solo delle storie d’amore.

 “In una antica sala parigina per cinema e concerti, resa quasi deserta dai preparativi serali della vigilia di Natale, due uomini d’età forte siedono in quinta fila, parlando piano fra loro. Nel cinema deserto, dati giorno ed ora, non ci sono che i due, e la figlia sedicenne del proiezionista.”

Parte da qui il racconto, da me tra-scritto con gli occhi di una ragazza maghrebina, di una Parigi che si fa pre-testo e luogo, attraverso l’opera fotografica parigina di Varchetta, per un dialogo sul disvelamento che, di scatto in scatto, prospetta ai due autori un tentativo possibile per una epistemologia del pre-sentimento.

A fare da cornice e incastro, e da sentiero interrotto e riletto del mondo, Francois Truffaut, di cui si è chiuso nel 2014 il trentennale dalla scomparsa, con i suoi Jules e Jim e Catherine, interpeti prediletti di una dimensione esistenziale che fra ragione, sentimento e incontro va alla ricerca di un significato nel vivere.

La dimensione analogica del racconto fotografico in B/N, e la forma del poemetto in prosa proposta per la narrazione, interagendo e contaminandosi, danno vita un gioco cinematografico, e sono un ulteriore omaggio al passato che si fa presente e ritorna a Parigi per questa epifania che raccontandosi incontra.

Devo un grazie profondo a Giuseppe Varchetta per l’onore di questa passeggiata amicale di sorprendente bellezza, e molto a me stessa per aver scelto di non parlare di Parigi ma a Parigi (dopo Benjamin ci vorrebbero vite per conoscerne una storia che incarna). I fatti recenti (accaduti dopo la stampa del libro) hanno per volontà del caso reso sorprendente la verità per cui, attualmente, lo sguardo sulla città del ferro non è possibile se non pensandola fuori dai canoni e per strada, come se fosse una street opera che si  nutre di se stessa. Trasferirmi lì è stato molto bello.

A Riccardo Vinci un grazie per la foto analogica in B/N che mi ritrae a 24 anni a Parigi, quando la vedevo per la prima volta, e che Giuseppe Varchetta ha ospitato nel Taccuino, e un grazie a Maurizio Puppo per la preveggenza e il sincronismo che hanno dichiarato ai versi in prosa che la ragazza veniva proprio da lì.

*

Giuseppe Varchetta, socioanalista e fotografo, vive e lavora Milano.
Nerina Garofalo, Coach e Narratice thinker, vive e lavora a Roma.

ON S’EST RECONNUS, PARIS – Taccuino fotografico di Giuseppe Varchetta, accompagnato da una narrazione di Nerina Garofalo
Il libro,  pubblicato dalle Edizioni del Foglio Clandestino di Gilberto Gavioli,  si può acquistare scrivendo a: redazione@edizionidelfoglioclandestino.it


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