
Ho conosciuto le tue mani al passaggio alle mie, buio anni ’70.
Un Oscar Mondadori con foto di Anna Frank.
E le tue mani entrando in una piccola Agenzia, a Cosenza,
con seicentomila lire a rate tutte insieme e per me.
E le tue mani nascoste che prendevano Sartre (a Parigi),
e tra le foglie del vento la forza di Shelley.
Che leggevano Mann di recupero alato,
proprio un attimo prima di arrivare a Venezia.
E le piccole mani che vergavano strette
eleganti e chiare, nome, giorno e le ore,
perché noi eravamo la piena dei nomi,
e non sapevamo dire rossore e tremore.
E le tue mani nuove per dare gli occhi agli occhi,
ora che vedono male, e hanno allargato i mondi,
dando un senso spento a montature ed occhiali.
E le mie mani aperte, su ogni libro e verso,
che ho pubblicato da sola, o che qualcuno ha messo
dove era bello (è stato bello– ) pubblicare con te.
E le tue mani spillatrice, su quella pagina in cartoncino,
che ha detto libro chiaramente sopra le cataste da bureau,
—a culo dunque tutti: studi di settore, tasse, e fighette start up
E le tue mani che ci hanno messo le dita, nei buchi neri in rete,
come se fosse un collant o un preliminare d’amore.
E le tue mani che hanno preso in prestito, senza garanzia di sorta,
come qualcuno rubava i libri , e molto dopo li restituiva.
Tutto questo per dire che aveva amato [oh, quanto–]
l’edificio del verbo. E le tue mani aperte, se viene letta
una parabola, e le parole vanno, come se non fossero parola–
Le tue mani veggenti, perché hai scritto, infine, soltanto
sulla sabbia, e non sappiamo cosa. Ed è così che immaginiamo.
E le tue mani ogni volta, quando ho sentito dire
di non averne, di soldi, per prender libri e quaderni.
Ed ogni volta, ogni volta, ho desiderato che fosse. E desidero ancora.
Che ogni singola pagina, di ogni perduta parola, diventi qui, immateriale,
e davvero qualcosa. Impalpabile resa non erosa dal tempo.
In qualche modo sottratta alla piccola morte.
Che noi tutti siamo,
quando affrettati usiamo,
per nominare una cosa,
una parola sola.
#stopbookwar
*
*Raccogliendo l’invito che è nell’articolo di oggi di Massimo Celani.