di Paride Leporace*
Nell’epoca ipertestuale e del trionfo della riproducibilità tecnica è difficile affidarsi ai buoni libri. Soprattutto quelli piccoli, che non vanno in tv, e risultano particolarmente preziosi per quel tempo che rubano alla noia e offrono al riconoscimento delle idee e dei sentimenti. Inutile nascondersi, questa buona caccia è favorita dalla conoscenza diretta e spesso personale con l’autore. Non parlo di quell’amicalismo amorale che tante storture provoca nell’industria culturale italiana, ma di rapporti intellettuali sani che ci permettono ancora di saperci muovere nella foresta dei segni e nella consapevolezza del consumo di parole e visioni.
Nerina Garofalo, con definizione a la page, è una “narrative thinker”. Narra benissimo e pensa ancora meglio. Viene dalla mia Itaca cosentina, stesso liceo e stesse piazze. Le abbiamo condivise un quarto di secolo dopo sui social e in antologie di racconti, riprendendo i fili di una militanza politico-culturale che non smette di…
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