Maurizio Puppo
Una biografia apocrifa
Raccolta su vinile e carta fotografica
da Nerina Garofalo
(vivement dimanche)
oggi scrivo interviste che sorridono
da sotto. mi viene questa memoria di Truffaut.
la cosa viva dentro la cosa stanca spenta a forza.
e mi è impossibile pensarla kubrikiana, forse
un pochino Train de Vie, al limite Toscani.
scrivilo tu, lo stato delle cose. Wenders
perdonerà le associazioni un po’ scontrose,
c’è in gioco questo ascolto senza note.
(Nerina Garofalo, 2012)
E tu, cos’hai da raccontare? C’è un film del regista francese François Truffaut, il cui titolo originale («Vivement dimanche») è stato tradotto in italiano con «Finalmente domenica». Però questa traduzione non è mica tanto giusta. In realtà, in francese, per dire «finalmente domenica» si direbbe «enfin dimanche». Invece «Vivement dimanche» vuol dire una cosa diversa, che peraltro non è nemmeno così facile da tradurre in italiano con l’identica stringatezza. Significa qualcosa come «non vedo l’ora che sia domenica», «ma quand’è che arriva la domenica?». Ne ho parlato un giorno a lungo con mia figlia Lola che è francese (e pure italiana. Ma vabbé, nessuno è perfetto) e adesso (nel 2012, lo specifico perché poi gli anni passano) ha nove anni. Anzi nove e mezzo.
Lei mi ha detto: papà, «vivement dimanche» non vuol mica dire «finalmente domenica». Io c’ho riflettuto un po’ e mi sono reso conto di quanto avesse ragione. Poi, già che c’eravamo, le ho raccontato pure una storiella, su questo film, su “finalmente domenica”, anzi, su «Vivement dimanche». Il film è del 1983. Qualche tempo dopo la sua uscita, (sarà stato il 1985 o giù di lì, con l’incoscienza dentro il basso ventre), il film fu diffuso dalla televisione italiana.
Era proprio una domenica. I programmatori della RAI si devono essere detti : questo film bisogna darlo la domenica perché il titolo è «finalmente domenica». Invece no, se il criterio era quello di essere coerenti con il titolo, allora bisognava darlo un altro giorno. Perché uno puo’ dire «non vedo l’ora che sia domenica» tutti i giorni della settimana tranne domenica. Non ha senso dire «non vedo l’ora che sia domenica», di domenica. Ma vabbé, c’era stata questa storia della traduzione; e quindi loro hanno ragionato sul titolo in italiano. Comunque sia ormai è una cosa vecchia, è andata, e se vogliamo non è nemmeno tanto grave. A casa c’erano i miei zii. La televisione era accesa, come sempre. Io lì tirai fuori una frase del tipo: c’è un film che mi piacerebbe vedere. E’ bello dire queste frasi qua, perché permettono subito di capire che chi le dice ha un gusto, cioè, non è uno che subisce passivamente, è uno che seleziona, che sa cosa vuole, che è consapevole. Ecco, consapevole è la parola giusta. E io mi sono sentito consapevole.
Ma mio zio, a modo suo, era consapevole pure lui. Un furbone, un guascone. Un po’ sul tipo del personaggio interpretato da Vittorio Gassman nel «Sorpasso»: pure simpatico, se vogliamo, e soprattutto con un gran fiuto per identificare con assoluta certezza i suoi nemici. E lì, mio zio mi sgamò subito, e comprese immediatamente che quel film stava dalla parte del mondo diametralmente opposta alla sua. Quella identificata come «intellettuale», o “radical-chic”. Rispetto alla quale, mio zio stava proprio dall’altra parte, quella del personaggio del “sorpasso”. Non vi crederete mica che quell’Italia l’abbia inventata Berlusconi o le sue televisioni? Non crederete mica alle favolette che raccontava la buonanima del Pier Paolo (Pasolini), su un’Italia che prima era diversa, rustica, popolana, autentica, gioiosa, intenta a rimirarsi le lucciole e poi, zacchette: arriva il progresso, le lucciole tirano le cuoia e viene fuori un’Italia avida, materialista, omologata, odiosa? Macché. Pier Paolo se la raccontava così perché a tutti piace pensare che sia esistita un’età dell’oro; è come quando mia mamma dice “ah quand’ero giovane…”. Io me la ricordo mia mamma quand’era giovane: si lamentava esattamente come adesso. Insomma, quell’Italia feroce nemica di ogni intellettualismo, anche solo presunto o accennato, c’è sempre stata e secondo me ci sarà sempre. Berlusconi, negli ultimi trent’anni, le ha solo dato una più visibile rappresentanza mediatica e politica, e l’ha soprattutto aiutata a sbarazzarsi di ogni residuo complesso di inferiorità. Fatto sta. Fatto sta che io selezionai il canale, e zac, parte il film. Bianco e nero. Già. E allora mio zio dice: ma che cazzo di film, ma cos’è, un film antico? Che poi mio zio era (è) uno che a ogni momento ti dice: accipicchia come si stava bene ai nostri tempi, adesso le cose moderne fanno schifo. Però, davanti al bianco e nero di Truffaut, d’improvviso aveva scoperto di essere un sostenitore della modernità.
E io allora, pedagogico : ma no, è una scelta del regista. Scelta del regista? Dev’essere proprio uno scemo, quel regista, come si fa a scegliere di fare un film in bianco e nero, è molto meglio a colori, no ? Io pago per vedere un film e voglio il top (no. Non ha detto esattamente così. Perché allora si diceva : voglio il massimo. Voglio il top è una frase che è venuta dopo). E io allora : ma no, è più complicata la cosa, un regista può anche preferire il bianco e nero perché… Complicata ? – dice lui – Ah io le cose complicate non le posso sopportare. Uno che fa le cose complicate è uno che ha qualcosa che non va bene nella testa. Quel regista lì dev’essere proprio uno scemo. E io allora: ma guarda che Truffaut… (Chi? – dice lui – Fuffò? Con l’accento sulla o)… Ma guarda che Truffaut (continuo io) è uno dei più grandi registi… E chi l’ha detto (dice lui) che è uno dei più grandi? Tu ti bevi tutto quello che ti dicono? Io ragiono con la mia testa, non è che sto a sentire quello che dicono gli altri.
E avanti così. A un certo punto nel film si vede un cadavere, e lì mio zio: ah il cadavere si è mosso! L’ho visto! L’ho visto! Si è mosso! Ma che razza di film! Manco buoni a far star fermo l’attore! Si è mosso ti dico. Ma che film è questo qua? Lì mi sono arreso. Mio zio ha cambiato canale e ha messo su lo sport o forse un film con Bud Spencer. Era domenica sera: “vivement lundi”, mi sono detto io. In realtà non è vero, ma probabilmente me lo sarei detto, se a quell’epoca avessi saputo il francese.
(Maurizio Puppo, giugno 2012)