
Da qualche giorno ho aperto per la terza volta in questi ultimi anni una Matrice di Sogno Sociale in Gruppo Chiuso di FB. Il titolo della Matrice, questa volta, come chi sa chi è nel Gruppo (chi lo desidera può chiedere di essere iscritto con il solo impegno al rispetto delle regole di posting e commento descritte al suo interno), è “Una società affamata, un ossimoro prezioso”.
Il titolo, come il luogo, non è per una matrice un tema, è solo il perimetro in cui la matrice inizia, così come in quelle dal vivo esiste un luogo fisico e un tempo preciso che la situano.
Ho aperto la terza matrice perché in quelle precedenti ho visto accadere qualcosa di prezioso, sia per lo sviluppo delle narrazioni sociali che per chi vi accede in funzione apparentemente passiva.
In molti, pur essendo parte del gruppo, non intervengono con sogni e associazioni ai sogni, ma permangono in ascolto e manifestano, in assenza del luogo, sentimenti di nostalgia per quella forma di parola e di narrazione.
Questa è, a conti fatti, forse la più grande ricchezza generata dalle matrici on going, capaci di mantenere aperta la forma dell’incontro, e di offrire il frutto delle associazioni, perché ciascuno partecipi in due dimensioni:
– elaborando dentro di sé i significati soggettivamente spendibili della narrazione (ascoltando scopro che ci sono delle metafore portate dai sogni che mi aiutano a comprendere, a pensare, a toccare quello che Gordon Lawrence definiva il non pensato, così affine all’infinito)
– apprendendo, dalla pratica personale o anche solo altrui, una modalità di ascolto e restituzione del tutto priva di quelle caratteristiche tipiche dei dialoghi sociali e organizzativi. Nella matrice, non ci sono domande, non ci sono interpretazioni, non ci sono attribuzioni di significati legate ai sognatori, mentre ha campo una forma di costruzione narrativa che procede per amplificazione attraverso le associazioni di sogni a sogni e di associazioni libere a sogni e ad associazioni.
Non accade nulla di complesso, accade invece qualcosa di generativo. La disponibilità a pensare viene trasformata in un susseguirsi di metafore e accadimenti portate dai sogni, in un luogo, a una specifica matrice, e offerti alla generosa apertura associativa degli altri andando a costruire una sorta di affresco sociale, una specie di installazione per immagini, che riempie lo spazio e si offre come risorsa. Per pensare cose nuove, per veder eil non visto, per accedere auna modalità sovrapersonale e priva di protagonismi.
La difficoltà a stare nel flusso narrativo di una matrice è data a volte proprio da un sentimento narrativo differente che in alcuni si propone come sostitutivo della tentazione a domandare e interpretare. Insomma, è il tranello a cui l’Host della matrice deve prestar cura contenendo, quando accade e si propone nonostante le regole della matrice stessa.
I partecipanti abituali alle matrici di sogno sociale acquisiscono una modalità tutta specifica di pensiero, di dialogo e di osservazione della realtà e dei vissuti. Ovvero, mettono prima della interpretazione tutto lo spazio che serve alle cose, ai pensieri, alle convivenze, per respirare. E quindi, spesso dialogano delle cose per associazioni, non facendosi domande o dando opinioni, ma anzi, allargando con il pensiero emotivo lo spazio di una affermazione, con il desidero di allargarla per com-prenderla e restituirla arricchita di possibili pensieri altri.
E’ un modo, di pensare di dialogare e di restituire, fondato sul rispetto, sull’ascolto delle immagini del sogno e non dei sognatori. Basata su una competenza a nessuno esclusa o preclusa, quella legata al sogno del notte e della libera associazione. A nessuno preclusa ma in molti luoghi sociali censurata in quanto non ammessa dalle logiche della negoziazione, del protagonismo e della interpretazione così care a un pensiero che non allarga ma stringe.
Quando ho avuto la fortuna di essere in matrice con Gordon Lawrence, Lilia Baglioni, e Franca Fubini, e con molti degli Host che come me con loro si sono formati a con-tenere le matrici per renderle sconfinate e sconfinanti, ho provato sempre un sentimento di grande libertà, una emozione connessa alla navigazione narrativa in quella forma in cui è la navigazione ha dare infine la rotta e non l’inverso.
Da più di un anno Gordon non c’è più. Da meno di un anno anche Lilia ci ha lasciati. Un anno fa ho partecipato per l’ultima volta a una matrice con Lilia. Abbiamo pranzato sedute vicine, sento il suo sorriso senza mediazioni ancora vivo davanti a me. Ma non sento alcuna assenza (se non quella, e quella molto,del calore dei timbri, del colore degli occhi). Mi sento sempre accompagnata, navigo sempre un po’ con loro, per pezzetti del giorno, per archi di tempo. Dove non c’è caduta, dove le cose dicono le cose.
Spero che questa nota possa aiutare un po’ il dialogo esterno alla matrice per chi volesse entrare e partecipare. Nella libertà del silenzio e del sogno notturno. Per usare poi tutto questo come e dove si vuole e si può, negli altri modi del vivere.