Stanotte ho visto Grandma, di Paul Weitz, ed ho pensato, per tutto il tempo, che fosse stato un caso bello a portarmi fin lì proprio a San Valentino.
La storia si snoda lungo la giornata di Elle (Reid), poetessa e docente a contratto, sulla soglia dei suoi 60, che dal mattino alla sera di un giorno qualunque fa i conti con i temi di fondo tutte le vite: l’amore lungo, durevole e solidale e ricchissimo, la perdita e l’incontro di un nuovo (che ci distoglie e ci toglie, e al quale diamo perdendo).
L’essere madre e poi nonna, e poi l’essere donna, in un mondo attuale che disconosce e non ri-conosce. Mondo che oggi ha misconosciuto e negato, in particolare, la radice stessa e la ricchezza del pensiero femminista.
Elle (una Lily Tomlin straordinaria) è la vedova di Violette, un amore che è durato 38 anni, ed è madre e poi nonna di due donne che sente strette e distanti. Con un grande calore che emana da lei, e che fa strada all’incontro fra le differenze e i conflitti di ruolo (sia familiare che generazionale).
E’ un film che racconta la normalità e la ricchezza di una storia d’amore tra donne, di una storia di donne generate, e di una genitorialità non più complessa di quelle eterosessuali.
Che racconta di incontri e di scontri fra i sessi, della morte dei consultori e dell’imperio severo della sanità privata, ma con ironia, delicatezza, e moltissima gioia di salvaguardia al dolore.
Nel rispetto assoluto per i grandi traumi delle esistenze (le perdite, le interruzioni volontarie di gravidanza, le età forti, il lavoro precario, le fratture nel tempo) è un film che lascia dentro una straordinaria e avvincente onda calda e vitale.
Se dovessi, oggi, augurare a noi tutte e a noi tutti un buon San Valentino, vorrei farlo così, con gli occhi di Elle: innamorati, orgogliosi, trascinanti, efficienti. Rispettosi e bellissimi.
Non siamo convenzionali, cerchiamo questo film e sentiamo davvero per bene quanto amore c’è dentro l’amore.
Con un occhio a Simone De Beauvoir, che occhieggia, fra le righe, nel film.