Torno in teatro dopo molto tempo, nonostante i dolori che freddo forte di questi giorni incrementa, per vedere finalmente, qui a Roma, recitare Cinzia Greco, con la quale con Riccardo abbiamo spesso scattato, anche per progetti veri e propri.

Bravissima come modella, ero certa che ci sarebbe piaciuta in teatro, e volevamo che ci sapesse vicini in questa sua bella presenza romana.

Ecco che così, ieri, a Centrale Preneste Teatro, in mezzo a bimbi e bimbe fra i 4 e 6 anni, in mezzo a genitori vitalissimi e attenti, siamo entrati in una atmosfera straniata e straniante, seduti in terza fila e laterali, con l’idea di catturare con le Canon qualche scatto bello da donare a Cinzia.

Ma è successo, è successo che, come avviene nelle favole, come avveene nel teatro, la scena ci ha rapiti, avvolti nella musica, prigionati del tempo della rappresentazione, fino a far volare e trasformare lo spazio, fini a farci vivere le piume d’anatroccolo come pelle anche nostra, fino farmi sciogliere in lacrime e lacrime, che non ricordavo così tante, alla nascita del cigno.

Per ragioni biografiche la storia mi trafigge, non pensavo a questa vita fitta di abbandono, di perdita e di trasformazione da quando ero piccola, eppure mi è arrivata intera e dritta al cuore, quasi fosse un lama di ricordo di madre, a riviverla a teatro, grazie a Cinzia ed a Crest CoopTeatrale.

Lei bravissima, davvero un uccellino, che rotola da anatroccolo e cinguetta, un anatide bianco bianco e piumato piumato, con tanto di perdite, dolori, insicurezze, solitudine, minacce scampate, ed infine con la scoperta di sé e della propria bellezza, a cui Cinzia regala grazia, intensità, agilità e tenerezza splendenti.

Bravi tutti, bello il teatro, la compagnia intera, bravissima l’insegnate che ha introdotto per i bambini lo spettacolo e guidato l’ascolto.

Era come trovarsi, con dietro il covid, qualche mascherina, e la paura delle guerre, in una specie di culla protetta, magica, abbagliante.

Non so se ho pianto più per questo, per questa strana resistenza al tempo nostro che ci dà l’arte, il teatro, l’ascolto delle storie, o per quel piccolo anatroccolo, che dice di sé: sono brutto. Aver visto fiorire le piume su bianche e grandi ali è stato catartico, avvolgente, emozionante e quasi insostenibile.

Le lacrime ci salvano dalle emozioni perché ne fanno dono fuori, così alla fine sulle mie lacrime a dirotto con Riccardo abbiamo riso. Abbiamo riso felici, di essere lì, di aver visto in Cinzia una eccellente attrice, di aver condiviso coi bimbi non nostri la gioia e la commozione di tutti.

Grazie quindi a Cinzia, e ai suoi colleghi in scena e fuori, grazie a Centrale Preneste, grazie al teatro per esistere e resistere.

Se tornano a Roma, non perdeteli, non toglietevi questa magia, questa emozione, questo dono.


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